
Il discorso di J. K. Rowling ai neo-laureati di Harvard del 2008
Pubblicato il 23/09/2016
"Guardare indietro a 21 anni fa, quando ero appena laureata, è abbastanza imbarazzante per la 42enne che oggi sono diventata. All'epoca stavo facendo il bilancio tra le mie ambizioni e ciò che amici e familiari si aspettavano da me.
Ero convinta che l’unica cosa che avrei voluto fare, sempre, fosse scrivere romanzi. I miei genitori, che venivano entrambi da esperienze di povertà e non erano riusciti ad andare all’università, consideravano questa mia iperattiva immaginazione come una deliziosa e personale stranezza che non mi avrebbe fatto pagare un mutuo o provvedere ad una pensione.
Avevano sperato che prendessi un diploma professionale; io volevo studiare Letteratura inglese. Raggiungemmo un compromesso, che pensandoci ora non ha soddisfatto nessuno: studiai di Lingue Moderne. Non avevo nemmeno girato l’angolo alla fine della strada con l’auto dei miei genitori che mandai il Tedesco in un fosso e fuggii precipitosamente per i corridoi degli studi classici.
Non ricordo di aver mai detto ai miei genitori che studiavo Lettere classiche; credo che l'abbiano scoperto per la prima volta il giorno della laurea.
Vorrei che fosse chiaro, tra parentesi, che non biasimo i miei genitori per il loro punto di vista. Potete rimproverare i vostri genitori per avervi spinto nella direzione sbagliata fino ad una certa età; quando siete abbastanza vecchi per prendere il timone della vostra vita, la responsabilità è solo vostra. Sopratutto non posso criticare i miei genitori per il avermi voluto risparmiare l’esperienza della povertà. Loro sono stati poveri e anche io, quindi concordo con loro che non sia una bella esperienza. La povertà comporta paura, stress, qualche volta depressione; è fatta di piccole umiliazioni e privazioni. Tirarsi fuori dalla povertà con le proprie forze, questo è ciò di cui poter essere orgogliosi, ma la povertà in se per se è romantica solo per gli stolti.
Ciò di cui avevo più paura alla vostra età non era la povertà, ma il fallimento.
Alla vostra età, nonostante la chiara mancanza di motivazione all’università, dove avevo trascorso troppo tempo nei bar scrivendo storie e troppo poco tempo alle lezioni, sono stata in grado di superare gli esami e per anni questa è stata la misura del successo della mia vita e di quella dei miei compagni.
Non sono così stupida da avere la presunzione di pensare che, siccome siete giovani, dotati e istruiti, non abbiate conosciuto privazione o delusione. Del resto il talento e l’intelligenza non hanno mai reso immune nessuno dai capricci del fato, e non ho mai supposto nemmeno per un momento che tutti qui abbiano goduto di un'esistenza di privilegi e soddisfazioni.
Comunque, il fatto che vi state laureando ad Harvard suggerisce che non avete molta esperienza con il fallimento. Potreste essere guidati dalla paura del fallimento tanto quanto dal desiderio del successo. Effettivamente la vostra concezione del fallimento potrebbe non essere troppo lontana dall’idea del successo della media delle persone, così alta che avete raggiunto la vetta accademica.
Alla fine tutti dobbiamo decidere da soli ciò che rappresenta per noi un fallimento, ma il mondo è abbastanza ansioso di darvi una certa gamma di criteri se voi lo permetterete.
Così penso sia giusto affermare che nei 7 anni successivi alla mia laurea ho fallito in modo epico. Un matrimonio eccezionalmente corto si è sgretolato ed ero senza lavoro, orfana di mia madre e povera, per quanto si possa essere poveri nell’Inghilterra moderna, senza contare la mancanza di una casa. Le paure che i miei genitori avevano manifestato e che io mi ero figurata erano arrivate e, come da manuale, ero un gigantesco fallimento.
Ora, non starò qui a dirvi che il fallimento è divertente. Quel periodo della mia vita fu brutto, e non avevo idea che la stampa lo avrebbe da allora rappresentato come una sorta di fiabesca determinazione. Non avevo idea quanto lungo fosse quel tunnel, e per molto tempo, ogni luce alla fine di esso era una speranza piuttosto che la realtà.
Allora perché parlare dei benefici del fallimento? Semplicemente perché fallire ha voluto dire spogliarsi dell’inessenziale. Ho smesso di fingere di essere qualcos’altro se non me stessa e ho iniziato a indirizzare tutte le mie energie verso la conclusione dell’unico lavoro che per me aveva importanza. Non mi occupavo davvero di nient’altro, se non trovare la determinazione nel riuscire in un campo a cui credevo di appartenere veramente. Ero finalmente libera perché la mia più grande paura si era davvero avverata ed ero ancora viva, e avevo già una figlia che adoro, una vecchia macchina da scrivere e una grande idea. E queste basi concrete divennero solide fondamenta su cui ricostruire la mia vita.
È difficile che falliate su tutta la linea come ho fatto io, ma una certa dose di fallimento nella vita è inevitabile. È impossibile vivere senza fallire in qualcosa, a meno che non viviate in modo così prudente da non vivere del tutto – in quel caso, avrete fallito in partenza.
Fallire mi ha dato una sicurezza interiore che mai avevo raggiunto superando gli esami. Fallendo ho imparato cose su me stessa che non avrei mai imparato in un altro modo. Ho scoperto che ho una volontà forte, e più disciplina di quanto avessi mai pensato; ho anche scoperto di avere amici veramente inestimabili.
Sapere che vi rialzate più saggi e più forti dopo una caduta significa che sarete, da allora in poi, sicuri della vostra capacità di sopravvivere. Non conoscerete mai voi stessi e la forza dei vostri legami fino a quando entrambi non saranno provati dalle avversità. Una tale conoscenza è un vero dono, e tutto ciò che avrete raggiunto nonostante la sofferenza per me ha più valore di ogni altra qualifica abbia mai guadagnato.
Avendo una macchina del tempo o un Giratempo, direi alla me stessa di 21 anni che la felicità personale si trova nel sapere che la vita non è una lista di cose da raggiungere o in cui avere successo. Le vostre qualifiche, il vostro CV, non sono la vostra vita, sebbene possiate incontrare molte persone della mia età e oltre che confondono le due cose. La vita è difficile, è complicata e non può essere totalmente sotto controllo, e questa consapevolezza vi renderà capaci di sopravvivere alle sue sfide."
J.K. Rowling
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