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Un mondo senza lavoro è possibile? E sopratutto, ci piacerebbe?

Ti sei mai chiesto come sarebbe la tua vita se vincessi alla lotteria e non fossi più costretto a lavorare? Probabilmente qualche volta avrai fantasticato su un attico gigantesco, su un viaggio intorno al mondo e sull’immensa libertà che tutto questo potrebbe darti. Non sarebbe stupendo fare tutto ciò che vuoi quando vuoi e come vuoi?
Immaginiamo per un attimo che tutto questo sia realmente possibile, e non solo per una piccola nicchia di persone, ma per tutti.

Un giorno, presto o tardi, le macchine saranno in grado di svolgere tutti i compiti dell’uomo e un mondo senza lavoro potrebbe esistere. Se tutti potessero permettersi di avere un robot a loro completa disposizione, nessuno dovrebbe più sottostare alle regole del mercato per portare il pane a tavola.

Tuttavia, nonostante i notevoli progressi nel campo della robotica e dell’intelligenza artificiale, la nostra generazione probabilmente lavorerà fino alla pensione.  In compenso la rivoluzione digitale sta già creando molti disagi, in quanto soprattutto a causa della tecnologia i salari tendono a non salire e i posti di lavoro a non aumentare.
La rivoluzione digitale ha velocizzato il processo di globalizzazione, automatizzato i lavori di routine e permesso a piccoli team di persone molto skillate di svolgere i compiti che prima erano assegnati a tantissime persone diverse.
Per questo motivo oggi se qualcuno ha bisogno di lavorare è costretto ad accettare stipendi davvero miseri.

I grandi rivenditori e i corrieri sentono molto meno l’esigenza di impiegare i robot nei loro magazzini se ci sono lunghe file di persone disposte a spostare scatole per pochi soldi. Le persone continuano a lavorare in cassa quando probabilmente i computer potrebbero fare lo stesso lavoro anche meglio. Ironia della sorte, i primi sintomi della nascita di un’epoca di abbondanza tecnologica si trovano nella crescita di lavori a basso costo e con scarsa produttività.

Queste problematiche cominciano a rivelarci quanto sarà complessa la costruzione di un mondo senza lavoro. La sfida più difficile non è creare nuove tecnologie, ma riuscire a rimodellare la società in modo che se ne possa fare buon uso mantenendo la maggior parte dei lavoratori soddisfatti della loro vita. Finora stiamo fallendo.

Prepararsi ad un mondo senza lavoro significa anche trovare un potenziale sostituto alla funzione che il lavoro svolge nella società. In primo luogo, la distribuzione del potere d’acquisto. In futuro forse ci libereremo del tutto del denaro e dei prezzi, o un’impennata della produttività permetterà alla società di occuparsi delle necessità della popolazione a costo zero. Per il momento però gli stipendi sono ancora il mezzo principale che permette all’uomo di ottenere denaro, e imporre dei prezzi è necessario a razionare l’accesso a beni e servizi scarsi. In assenza di un cambiamento sociale più ampio, spingere le persone fuori dal  mondo del lavoro significa semplicemente reindirizzare il flusso di reddito dai lavoratori agli imprenditori: i ricchi diventano più ricchi.

Togliere il lavoro alle persone evitando un collasso sociale richiederà pertanto alla società di trovare modi diversi rispetto allo stipendio per fornire denaro a chi non lavora.   

La gente potrebbe finire per ricevere più del solito reddito sotto forma di redistribuzione guidata da parte dello stato: attraverso il pagamento di un reddito di base, per esempio, o la fornitura pubblica di servizi quali l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’alloggio. O magari ognuno potrebbe ricevere un capitale al momento della nascita.

In ogni caso questo genere di accordi non si materializzeranno magicamente quando le macchine diventeranno più potenti. Crearli è compito della politica, ed è qui che le cose cominciano a complicarsi.
Il primo problema è che una revisione sociale su larga scala richiede molto tempo per essere approvata e avere un effetto. Il secondo problema è che ottenere denaro senza fare niente in cambio non è necessariamente quello che serve alle masse.

Ci sono molti modi in cui un governo potrebbe aumentare la retribuzione dei lavoratori. Si potrebbe alzare il salario minimo, ampliare il numero di sussidi, fornire un reddito di base o utilizzare una regolamentazione più severa per proteggere le industrie e costringere le imprese a condividere profitti maggiori con i lavoratori.

Tuttavia un aumento significativo del salario minimo gioverebbe a un sacco di lavoratori, ma scoraggerebbe alcune aziende ad utilizzare la manodopera a basso costo, costringendo i disoccupati a vivere in un mondo in cui non riescono a trovare lavoro ma mancano anche i mezzi monetari per non essere poveri.

Inoltre i lavoratori e i sindacati sono poco interessati alle opzioni che rompono il legame tra retribuzione e lavoro, come ad esempio il reddito di base. Come mai? Perché il lavoro non è solo un mezzo per la distribuzione del potere d’acquisto. È anche tra le più importanti fonti d’identità e scopo nella vita delle persone. Se il ruolo del lavoro nella società si ridurrà, le persone avranno bisogno trovare un altro scopo nella vita. Alcuni lo cercheranno nel volontariato e in altre attività non retribuite, ma molti altri si sentiranno persi.

 

Una soluzione potrebbe essere imporre a tutti i cittadini di contribuire in qualche modo al bene della collettività per ottenere il sostegno dello Stato. Chi non lavora potrebbe essere costretto a svolgere servizi per la comunità o altri tipi di attività. Oppure si potrebbe rendere chi lavora meno reticente a finanziare il welfare dando un’immagine dei beneficiari come persone simili a loro: compagni di tribù, persone di origine simile e quindi meritevoli della carità.

Costruire un mondo utopico in cui non esiste il lavoro, la ricchezza è ampiamente condivisa, le persone sono per lo più soddisfatte della loro vita e la pace non viene mantenuta escludendo eventuali stranieri scomodi non è un compito facile.

Per ora le fasi iniziali di questo processo sono piuttosto scoraggianti, ma sono sicuro che tra un paio di secoli avremo risolto tutte queste problematiche. Supponendo, però, che in questo momento qualcuno sia in grado di gestire questi primi passi dolorosi senza distruggere il mondo nel frattempo. 

Leggi qui l’articolo originale in inglese

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