In un’epoca in cui la rapidità del cambiamento e la complessità dei problemi impongono nuove modalità di pensiero, il design thinking si è affermato come uno degli approcci più efficaci per progettare soluzioni realmente significative. Probabilmente ne hai già sentito parlare, magari in un post su LinkedIn, durante una riunione tra colleghi o spulciando sul profilo di uno UX designer.
Nato nel mondo del design, oggi il design thinking è un approccio trasversale, utile a professionisti di ogni settore per trovare soluzioni creative e funzionali a problemi complessi, spesso lontani dal design in senso stretto.
La sua diffusione è semplice da spiegare: l’innovazione ha un reale valore solo se è utile. E per essere utile, deve tenere conto di chi utilizzerà davvero quel prodotto, servizio o tecnologia. Il design thinking fornisce un processo chiaro per raggiungere questo obiettivo, mettendo al centro le esigenze delle persone.
Ma cos’è davvero il design thinking? E perché è così importante per progettare esperienze utente di successo? Scopriamolo in questo articolo!
Design thinking: cos’è?
Il design thinking è un approccio alla risoluzione dei problemi, che fa del suo perno fondamentale le necessità delle persone. Si tratta di un modo di affrontare i problemi in maniera creativa e innovativa, partendo proprio dai bisogni reali degli individui.
A differenza di altri metodi, questo approccio non si concentra esclusivamente sul problema, ma sulle possibili soluzioni. Significa cambiare prospettiva: invece di chiedersi cosa non funziona, ci si interroga su cosa potrebbe funzionare meglio per chi utilizzerà davvero il prodotto o il servizio.
L’essenza di questo approccio è proprio qui: comprendere un’esigenza attraverso gli occhi di chi la vive, con empatia e ascolto attivo. Il processo parte dalla ricerca — osservazione, analisi dei comportamenti, interviste e raccolta dati attraverso la UX research — e si traduce in soluzioni che siano non solo nuove, ma realmente utili.
Il processo del design thinking: le 5 fasi fondamentali.
Il design thinking si articola su 5 fasi:
- empatizzare
- definire
- ideare
- prototipare
- testare.
Queste fasi non sono rigide né sempre sequenziali: si tratta infatti di un processo iterativo e flessibile, in cui è perfettamente normale tornare indietro, rivedere una fase precedente o svilupparne più di una in parallelo.
Ogni team può adattarlo alle esigenze specifiche del progetto, modificando l’ordine o la profondità delle fasi in base al contesto. L’importante è mantenere saldo il focus sull’utente e sul miglioramento continuo della soluzione.
Conoscere il significato di ciascuna fase aiuta a orientarsi meglio nel processo e ad applicarlo in modo più efficace. Per questo motivo, proviamo a scendere nel dettaglio.
Fase 1 del design thinking: empatizzare.
Conoscere a fondo l’utente significa esplorane i bisogni, desideri, comportamenti e obiettivi attraverso un’osservazione attenta e un’analisi approfondita. In questa fase si raccolgono dati reali e autentici, lasciando da parte pregiudizi e supposizioni, per comprendere a 360 gradi la realtà degli utenti.
Per farlo, si utilizzano i metodi della user research, che permettono di indagare in profondità le esperienze delle persone. Tra questi troviamo interviste individuali per raccogliere insight qualitativi, sondaggi e questionari per ottenere dati quantitativi su un campione più ampio, l’analisi dei microdati (come interazioni su un sito o comportamenti di utilizzo di un’app) e lo studio dei competitor, utile per comprendere le aspettative e le abitudini già consolidate degli utenti in contesti simili. Questi strumenti, se combinati tra loro, offrono una visione ricca e sfaccettata, fondamentale per guidare ogni fase successiva del processo progettuale.
L’ attenzione ai dettagli è cruciale per sviluppare idee e soluzioni realmente efficaci, perché una conoscenza superficiale o parziale rischia di compromettere l’intero processo.
Fase 2 del design thinking: definire.
In questa fase si ha l’obiettivo di identificare con precisione il problema reale che l’utente sta affrontando. Dopo aver raccolto informazioni dettagliate, il team analizza le difficoltà e gli ostacoli percepiti dagli utenti per circoscrivere il problema su cui focalizzarsi. È fondamentale mettersi nei panni dell’utente per definire con chiarezza quale bisogno specifico soddisfare.
Strumenti come le personas e la customer journey map sono fondamentali per questo passaggio.
Le personas aiutano a sintetizzare i comportamenti, i valori e gli obiettivi degli utenti, mentre la customer journey map consente di mappare le emozioni, le azioni e i touchpoint lungo il percorso di utilizzo del prodotto o servizio. Questi strumenti permettono di evidenziare opportunità concrete per migliorare la user experience (UX).
L’obiettivo della fase di definizione è trasformare i dati raccolti in una chiara formulazione del problema, creando così una base solida per la generazione di soluzioni innovative e centrali per l’utente.
Fase 3 del design thinking: ideare.
La fase 3 del design thinking è la fase in cui entra in gioco la creatività. Dopo aver compreso a fondo gli utenti e definito con chiarezza il problema, il team di progettazione entra nella fase dell’ideazione: un momento collaborativo in cui si esplorano soluzioni possibili da ogni prospettiva.
L’obiettivo non è trovare subito “la” soluzione giusta, ma generare il maggior numero possibile di idee, senza filtri né giudizi. In questa fase, quantità batte qualità: più sono le proposte, più è probabile arrivare a intuizioni davvero innovative.
Le sessioni di ideazione possono seguire diverse tecniche, scelte in base al contesto. Il brainstorming è una delle più diffuse e sfrutta la forza del pensiero collettivo per far emergere connessioni inaspettate. Anche il gioco della “peggiore idea possibile” è utile per abbassare le difese del gruppo e liberare la creatività, trasformando spunti assurdi in soluzioni interessanti.
Fase 4 del design thinking: prototipare.
Una volta generate le idee, è il momento di dar loro forma. La fase di prototipazione consiste nel trasformare i concetti astratti in qualcosa di tangibile: si parte con versioni semplificate, veloci ed economiche della soluzione o delle sue funzionalità principali fino ad arrivare a prototipi ad alta fedeltà.
Prototipare significa sperimentare. I prototipi possono essere schizzi su carta, wireframe digitali, mockup interattivi o modelli più evoluti, a seconda del livello di fedeltà necessario. L’importante è che siano abbastanza concreti da poter essere testati e valutati.
Per l’ux designer, questa è una fase cruciale: permette di verificare le ipotesi progettuali, osservare le prime interazioni reali e raccogliere dati fondamentali sull’efficacia della soluzione proposta. È anche l’occasione per individuare punti critici, incoerenze o opportunità di miglioramento che nei passaggi precedenti non erano emerse.
Il valore del prototipo non sta nella sua perfezione, ma nella sua capacità di generare apprendimento. L’obiettivo non è validare un’idea solo perché “piace”, ma capire se funziona davvero per l’utente.
Fase 5 del design thinking: testare.
L’ultima delle fasi del design thinking che andiamo ad esplorare è la faes di testing., che si collega per forza di cose alla fase precedente: testare significa mettere alla prova le soluzioni in modo concreto, raccogliendo feedback diretto dagli utenti. In questa fase, prototipi e interfacce create nella fase precedente, vengono osservati in azione per capire cosa funziona, cosa crea frizione e dove intervenire.
È un momento critico per validare le ipotesi progettuali, ma anche per accogliere l’inaspettato: spesso sono proprio gli errori o i comportamenti inattesi a suggerire le intuizioni più utili. Il focus resta sempre lo stesso: migliorare l’user experience (UX), affinare il design e far emergere nuove opportunità.
Il test non conclude il processo, ma lo alimenta. Ogni evidenza raccolta può riportare il team a una fase precedente, in un ciclo continuo di apprendimento e ottimizzazione.
Benefici del design thinking nell’ ux/ui design.
Grazie alla sua natura flessibile e adattabile, il design thiking permette di affrontare le sfide progettuali in modo dinamico, offrendo vantaggi concreti che si modellano sulle esigenze del team e degli utenti.
Tra i maggiori punti di forza di questo approccio, troviamo:
- Stimola una cultura innovativa e sperimentale: integrare il design thinking in azienda significa favorire una cultura dell’innovazione, basata su creatività, collaborazione e sperimentazione. Superando le gerarchie rigide, ogni idea può trasformarsi in soluzione concreta, aiutando l’organizzazione ad adattarsi con agilità ai cambiamenti e ai bisogni degli utenti. Più che un metodo, il design thinking diventa un motore di trasformazione, spingendo le organizzazioni a sviluppare un mindset orientato all’innovazione e alla crescita continua.
- Permette di trovare soluzioni efficaci in meno tempo: invece di procedere con lunghi cicli di sviluppo basati su ipotesi, il design thinking favorisce un metodo iterativo: si testano le idee in modo rapido, si raccolgono feedback e si migliorano progressivamente. Questo riduce il rischio di errori costosi e accelera la creazione di soluzione con un obiettivo ben definito e soprattutto realmente efficace.
- Incentiva la collaborazione multidisciplinare: questo approccio favorisce il dialogo tra designer, sviluppatori, marketing e stakeholder, creando un flusso di lavoro più fluido e integrato. Il risultato è una visione condivisa che porta a prodotti più coerenti e funzionali. Inoltre, il confronto tra prospettive diverse arricchisce il processo creativo, aprendo la strada a intuizioni che altrimenti potrebbero non emergere, generando soluzioni più originali e mirate.
- Migliora la qualità delle decisioni: le decisioni migliori non nascono dal caso, ma dall’equilibrio tra creatività e dati concreti. Tuttavia, quando si hanno molte visioni e possibilità davanti, scegliere la direzione giusta può diventare complesso. Il design thinking aiuta a filtrare le opzioni, dando struttura al processo decisionale e permettendo di identificare quella più efficace per gli obiettivi e gli utenti.
Il design thinking come percorso di evoluzione continua.
Le idee migliori nascono dal confronto e dalla voglia di migliorare. Il design thinking ci insegna a mettere in discussione le nostre certezze, ascoltare davvero gli utenti e adattare le soluzioni alle loro esigenze.
Non aspettare che tutto sia perfetto: inizia a sperimentare, coinvolgi chi ti circonda e lascia che i feedback guidino il tuo percorso. Se vuoi imparare a farlo nel modo giusto e con strumenti concreti, segui il nostro corso UX/UI design!